Nella vigenza di contratto di leasing immobiliare stipulato fra una società di leasing ed un utilizzatore, in base all’art. 9 co. 1 del d.lgs. n. 23/2011, l’imposta municipale unica (IMU) sarà dovuta dall’utilizzatore.
Ciò si spiega alla luce di quello che è il presupposto dell’IMU, ovvero il possesso del bene: in tal caso l’immobile è difatti posto nella piena disponibilità dell’utilizzatore, ragion per cui sarà quest’ultimo a dover versare l’IMU.
Sovente però accade che per un motivo o per un altro il contratto di leasing decada prima della sua originaria scadenza.
Caso classico è quello in cui l’utilizzatore non versi tutti i canoni pattuiti, risultando moroso: in tal caso la società di leasing può agire ex lege per la risoluzione del contratto.
Una volta intervenuta la risoluzione, la società potrebbe però non aver recuperato immediatamente il bene.
Motivo per cui ci si domanda se, nel lasso temporale che va dalla risoluzione alla riconsegna materiale del bene, l’IMU sia parimenti dovuta dall’utilizzatore o meno.
Una certa ricostruzione si pone a favore della società di leasing, considerando come momento decisivo la riconsegna materiale del bene.
Solo una volta che il bene sia stato consegnato materialmente alla società di leasing, quest’ultima diventerà soggetto passivo di imposta.
Tale impostazione si fonda sul presupposto secondo cui il bene, nonostante l’intervenuta risoluzione del contratto, sia ancora nella disponibilità dell’utilizzatore, che dovrà pertanto versare l’IMU.
Chi sposa questa tesi, la corrobora attraverso il richiamo all’art. 1 co. 672 l. 147/2013, che espressamente prevede che, in materia di TASI, in caso di locazione finanziaria (leasing) soggetto passivo d’imposta diventi il locatore solo all’atto della riconsegna materiale del bene.
I fautori di questa ricostruzione infine spesso la argomentano ulteriormente attraverso il richiamo al par. 1.4 del D.M. 30 ottobre 2012 del MEF, nonché citando la teoria, di origine dottrinale, della “ultrattività degli effetti”.
Oggi però l’impostazione giurisprudenziale maggioritaria sembra muoversi nel senso opposto, ovvero sostiene che, a seguito della risoluzione del contratto, nulla sia più dovuto dall’utilizzatore, e che soggetto passivo d’imposta torni ad essere la società di leasing.
Sentenze come la CTR Lombardia n. 1194/2018, la CTR Lazio n. 5294/2017, e la CTR Emilia Romagna n. 346/2017 hanno difatti posto l’accento sulla debolezza delle ragioni giuridiche richiamate dalla teoria favorevole alla società di leasing.
In breve, viene difatti sostenuto che:
- La norma della TASI non possa in questa sede essere applicata in via analogica, in quanto riferita ad un’imposta dalla natura totalmente differente rispetto all’IMU;
- La risoluzione Ministeriale non ha un valore decisivo, in quanto norma secondaria, e pertanto può essere superata da norma primaria;
- La teoria dell’ultrattività degli effetti non solo è ampiamente discussa, ma nasce in relazione al contratto di locazione, che ha una finalità ben diversa da quella del contratto di leasing, che ha invece funzione di garanzia.
Ma soprattutto la giurisprudenza oggi pone l’accento sul fatto che, una volta risolto il contratto, l’utilizzatore non sia più “possessore” del bene, non avendo nessun titolo che giustifichi questa sua posizione, ma venga invece equiparato ad un mero detentore non qualificato.
Del resto, tale seconda impostazione appare anche più fedele sia al dato normativo che ai principi civilistici.
L’art. 9 co. 1 del d.lgs. n. 23/2011 infatti espressamente prevede che in caso di IMU, “per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto”.
Infine, il Codice Civile all’art. 1458 c.c. testualmente prevede che la risoluzione del contratto per inadempimento ha effetto retroattivo fra le parti, ragion per cui in automatico all’atto della risoluzione la soggettività d’imposta torna in capo all’originario proprietario del bene, ovvero la società di leasing.
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Va precisato che il contratto di locazione non è l’unico strumento contrattuale previsto dalla legge per mettere a reddito il proprio immobile dandone il possesso ad un altro soggetto. E che gli altri tipi contrattuali (per sapere cosa sono i contratti Atipici leggi “Cosa sono i contratti Atipici o Innominati”) pur essendo perfettamente legali, sono molto meno diffusi della locazione ed anche per questo molto più economici fiscalmente, consentendo di ridurre notevolmente l’IMU e l’IRPEF (leggi anche “Come risparmiare le tasse sui tuoi immobili“) quando si tratti di uso abitativo, e la sola IRPEF (ma in misura ancora più rilevante) quando si tratti di uso commerciale.
Per approfondire il tema della tassazione del contratto di locazione redatto e firmato solo da uno dei comproprietari e delle sue implicazioni sulla imputazione del relativo reddito leggi “Locazione immobile in comproprietà: tassato solo il comproprietario che compare nel contratto“
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