Prima casa troppo piccola? Sì al bonus prima casa per il secondo immobile

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Con la sentenza n. 494/19/2020 la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha aggiunto un nuovo tassello ai requisiti per ottenere il bonus prima casa. Il bonus, com’è noto, consiste in una notevole agevolazione dell’imposta di registro usufruibile per chi acquisti un’immobile rientrate in alcune categorie (vengono eccettuate le abitazioni A/1 residenziali ed A/8 ville e A/9 Castelli e palazzi di eminenti pregi).

Tale beneficio viene concesso sempre che l’immobile sia situato nel comune in cui si ha la residenza o si intenda trasferirla, salvo che nel comune, pur se non residente, abbia l’attività il proprio datore di lavoro o svolga attività l’acquirente. Ultima condizione per ottenere il Bonus, e parimenti quella che più ci interessa, consiste nel non possedere altri immobili nell’intero territorio nazionale. Tale condizione ostativa dal 1° gennaio 2016 è stata mitigata dalla previsione per cui viene riconosciuto il bonus anche a chi ha una seconda casa a patto che quest’ultima venga venduta in un termine prestabilito a pena di sanzioni e sottrazione del bonus previamente concesso.

Su tale ultimo requisito interviene la citata sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano, la quale ha reciso la portata della preclusione in oggetto almeno per quanto riguarda la Giustizia Tributaria, allineandosi ad un orientamento della Corte di Cassazione che può ritenersi in via di consolidazione.

Difatti, secondo i Giudici tributari, non perde l’agevolazione “prima casa” il contribuente che risulti già intestatario di un’altra abitazione nello stesso Comune del nuovo immobile agevolato, a condizione che tale casa preposseduta sia inidonea ai fabbisogni abitativi della famiglia (come potrebbe ritenersi un appartamento piccolo per più persone).

Va precisato che la querelle relativa al requisito della prepossidenza era nata già da tempo.

Difatti l’acquirente, in sede di rogito, doveva dichiarare di non essere titolare esclusivo, o in comunione, con il coniuge di diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione in altra casa situata nel comune dell’immobile da acquistare. Purtuttavia, mentre il Fisco ha sempre ribadito che l’avere un altro immobile comporti la non applicabilità del beneficio, la Corte di Cassazione si è invece interrogata sul concetto di casa di abitazione estendendo, di volta in volta, il suo significato. Da qui, gli Ermellini sono pervenuti alla considerazione per la quale può essere ritenuta casa di abitazione, e dunque privare il Contribuente del beneficio “Prima casa”, solo quella casa che sia realmente idonea ad esserlo. Nel senso che, parafrasando il ragionamento della Corte, se condizione ostativa al beneficio è l’avere una casa di abitazione pre-posseduta, allora che la stessa sia concretamente abitabile fisicamente e giuridicamente. Tali considerazioni hanno spinto la Corte ad affermare che qualora un Contribuente abbia due immobili, di cui uno concesso in locazione, potrà ugualmente vedersi applicato il beneficio, in quanto la locazione rende inidonea la casa pre-posseduta ad essere abitata per la presenza di un vincolo giuridico. Difatti il contribuente “e’ privato della detenzione e conseguentemente, per quanto qui rileva, della concreta possibilità di utilizzarlo come propria abitazione”. (Cass.Civ. 2018, n. 19989)

Tali considerazioni riscontravano una certa diffidenza dell’Agenzia delle Entrate la quale, alla prima occasione utile ribadì che “ non può attribuirsi rilevanza ad un concetto di “inidoneità” collegato ad una indisponibilità “giuridica” (ad esempio, in virtu del contratto di locazione) di carattere meramente temporaneo, e comunque dipendente dalla volontà del soggetto” (378/2019 interpello AE)

Dal canto suo, la Suprema Corte aveva avuto già modo, in più occasioni, di sconfessare il rigore con cui l’agente riscossore interpretava la normativa, osservando, a più riprese, che piuttosto che il semplice confronto oggettivo tra le proprietà “pre-possedute”, andava condotto l’esame dell’idoneità della prima ad essere effettivamente prima casa (cd. disponibilità soggettiva). A margine delle considerazioni ivi riportate i Giudici di legittimità hanno affermato che “ la normativa, subordina l’applicazione del beneficio in parola all’acquisto di un’unità immobiliare da destinare a propria abitazione nel comune di residenza o (se diverso) ove si svolge la propria attività, alla non possidenza di altro immobile “idoneo” ad essere destinato a tale uso e alla dichiarazione formale, posta nell’atto di compravendita, di voler stabilire la residenza nel comune ove e ubicato l’immobile acquistato (Cass. n. 21289 del 2014). Ne consegue che chi abbia il possesso di altra casa valutata come “non idonea” all’uso abitativo, sia per circostanze di natura oggettiva (es.: inabitabilità) che di natura soggettiva (es.: fabbricato inadeguato per dimensioni o caratteristiche qualitative) puo ugualmente godere dell’agevolazione (Cass.Civ. 2017, n. 27376).

Dalla interpretazione della S.C. ne discende che la nozione di “casa di abitazione” deve essere intesa nel senso di alloggio concretamente idoneo, sia sotto il profilo materiale che giuridico, a soddisfare le esigenze abitative dell’interessato (Cass. n. 19989 del 2018).

Tutto ciò esposto vanno altresì segnalate alcune pronunce, benché minoritarie, di segno avverso, per le quali al profilo soggettivo della idoneità’ poc’anzi illustrato, va’ preferito il profilo oggettivo della prepossidenza in senso stretto.

Nel senso che non importa se l’immobile risulti idoneo o meno, se abbia vincoli o meno, quanto piuttosto se vi sia o meno. Per tale via “non assume rilievo la situazione soggettiva del contribuente o il concreto utilizzo del bene, assumendo rilievo il solo parametro oggettivo della classificazione catastale dello stesso” (Cass.Civ. e 2018, n. 8429).

In buona sostanza la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano avalla quanto asserito dalle maggiori pronunce della Corte di Legittimità, delle quali si e’ passati in rassegna il motivo fondante.

Per tali motivi, i Giudici Tributari hanno stabilito che effettivamente un appartamento di circa 40 m.q., acquistato senza agevolazione e in epoca anteriore all’acquisto per cui si chiede l’agevolazione, sebbene pre-posseduto, non possa privare il contribuente del beneficio in commento, ciò in quanto, rispetto al numero dei familiari, l’appartamento risulta essere concretamente inidoneo a garantire una consona sistemazione.

Avv. Daniele Giordano

(collaboratore dello studio legale d’Ambrosio Borselli per la sede di Napoli)

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