Rent to Buy e Vendita con Riserva di Proprietà

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Rent to Buy e Vendita con Riserva di Proprietà

Ai sensi dell’art. 1470 c.c. la vendita è il “contratto che ha per oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo”.

La vendita di un immobile avviene mediante un atto (rogito) innanzi ad un notaio, con cui si verifica il passaggio di proprietà del bene dal venditore (alienante) all’acquirente (nuovo proprietario). Per l’acquisto dell’immobile è pratica diffusa l’accensione di un mutuo da parte dell’acquirente presso un istituto di credito. Tale modalità di pagamento del prezzo però spesso incontra degli ostacoli di varia natura, tali da rendere impossibile, o non immediato, l’ottenimento di un mutuo.

In tal caso, le parti, possono comunque scegliere di proseguire nell’operazione immobiliare, optando per delle soluzioni contrattuali più articolate previste dal nostro ordinamento giuridico ad esempio: il contratto di vendita con patto di riservato dominio; il contratto preliminare di compravendita ad effetti anticipati; il contratto di locazione con patto di futura vendita; il contratto di locazione con opzione di acquisto; il rent to buy; il contratto di leasing immobiliare; ecc.

Ognuna di dette soluzione può essere preferibile rispetto alle altre a seconda delle specifiche esigenze delle parti. Alcune di esse, tra l‘altro, sono forme contrattuali particolarmente flessibili, nel senso che possono essere arricchite con opposite clausole a tutela delle parti stesse.

Col presente articolo, soffermeremo la nostra attenzione sul rent to buy e sulla vendita con riserva di proprietà, tipologie contrattuali non usualmente utilizzate e che, sulla base dell’analisi delle concrete esigenze, possono rivelarsi molto utili.

Rent to buy

Il Rent tu Buy (trad.: “affitto per comprare”), è una particolare forma contrattuale derivante dal diritto anglosassone, utilizzata molto in Italia negli ultimi anni , sino ad essere definitivamente disciplinata dall’art. 23 del Decreto-legge n. 133/2014 (decreto ”Sblocca Italia”), convertito nella Legge 164/2014.

E’ bene precisare che questa forma contrattuale potrà essere applicata a tutte le tipologie di immobili: immobili ad uso abitativo e commerciale (anche in costruzione), autorimesse, cantine, capannoni e terreni.

In sostanza, il proprietario dell’immobile (concedente) consegna fin da subito l’immobile al futuro acquirente (conduttore) in cambio del pagamento di un canone. Ai sensi del comma 1-bis dell’art. 23 D.L. 133/2014 le parti dovranno prevedere la parte del canone che sarà da imputare quale corrispettivo per il godimento del bene, e la parte che, invece, sarà da destinare al prezzo di acquisto (già predeterminato al momento della sottoscrizione del contratto) nel caso in cui il conduttore decida di esercitare il suo diritto all’acquisto. In caso contrario, tale quota sarà da restituirgli.

Il trasferimento del bene dal concedente al conduttore è quindi solo eventuale, mentre l’utilizzo dell’immobile è invece immediato, ed avviene di regola con la sottoscrizione del contratto. A tal proposito si applicano, in quanto espressamente richiamate, le norme che regolano l’usufrutto: (articoli da 1002 a 1007, 1012 e 1013 del codice civile): inventario dei beni, garanzie, spese a carico delle parti, riparazioni ordinarie e straordinarie, ecc.).

Inoltre, chi acquisterà l’immobile potrà essere anche una persona diversa dal conduttore, qualora il Rent to Buy sia stato stipulato con lo schema del contratto per persona da nominare, con facoltà per il conduttore di sostituire a sé altro soggetto che assuma i diritti e gli obblighi discendenti dal contratto.

L’importanza della trascrizione

La trascrizione del rent to buy produce, secondo la legge, un duplice effetto, in relazione alle due “fasi” nelle quali si articola: un effetto di opponibilità ai terzi, con riguardo alla concessione dell’utilizzo; un effetto prenotativo simile a quello che si produce con la trascrizione di un contratto preliminare con riguardo all’obbligo del concedente di trasferire la proprietà del bene in caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore.

In questo modo viene garantita piena tutela al conduttore, consentendogli di acquisire l’immobile nello “stato di diritto” in cui si trovava al momento della stipula del rent to buy, e neutralizzando al contempo eventuali trascrizioni o iscrizioni pregiudizievoli successive alla trascrizione del contratto.

La trascrizione del rent to buy garantisce una specifica tutela al conduttore anche per il caso di inadempimento del concedente.

Se il conduttore è inadempiente

In caso di inadempimento del conduttore agli obblighi dallo stesso assunti con la stipula di un rent to buy (tra i quali l’obbligo di pagare il canone), il concedente potrà, a sua scelta:

avviare una procedura di esecuzione forzata su beni del conduttore, (art. 2910 c.c.) al fine di ottenere quanto gli è dovuto;

chiedere l’adempimento in forma specifica (art. 2931 c.c.). nel caso in cui l’inadempimento del conduttore riguardi un “obbligo di fare”, come ad esempio quello di curare la manutenzione ordinaria dell’immobile;

chiedere la risoluzione del contratto (art. 1453 e segg. c.c.), sempreché l’inadempimento non sia di scarsa importanza.

Se il conduttore decide di non comprare l’immobile

Se il conduttore decide di non procedere all’acquisto, il contratto, alla scadenza del termine convenuto, cesserà di produrre ogni effetto. Di conseguenza il concedente avrà diritto:

alla riconsegna dell’immobile;

a trattenere i canoni sino a quel momento pagati per l’intera componente riferita all’utilizzo, mentre dovrà restituire al conduttore la parte della componente da imputare a corrispettivo della vendita nella misura stabilita in contratto;

alla restituzione dell’immobile;

Sia nel caso di inadempimento del conduttore, sia nel caso di mancato esercizio del diritto di acquisto, il concedente avrà, infine, diritto alla restituzione immediata dell’immobile.

Chi paga le imposte legate al possesso dell’immobile

Nel periodo dell’utilizzo, le imposte legate al possesso dell’immobile (ad esempio l’IMU) sono a carico del proprietario, come nel caso dei contratti  di locazione. La TASI, invece, va pagata in parte dal proprietario e in parte dal conduttore, secondo le percentuali fissate da ciascun comune. La TARI (tassa sui rifiuti) è invece a carico del conduttore, che in quanto detentore dell’immobile, si avvale del servizio di raccolta dei rifiuti.

Compravendita con riserva di proprietà o patto di riservato dominio

 

La compravendita con riserva di proprietà, anche definita vendita con patto di riservato dominio, concede all’acquirente la possibilità di godere dal momento della sottoscrizione del contratto dell’uso dell’immobile e riserva, in favore della parte venditrice, la proprietà dello stesso fino al pagamento dell’ultima rata.

Essa suole essere utilizzata in tutte quelle vicende in cui per mancanza di stabilità del rapporto di lavoro e di altre garanzie, l’acquirente non riesce ad ottenere, in tutto o in parte,  il mutuo dall’istituto bancario.

Questo “tipo” di compravendita, prevista dall’art. 1523 c.c., è diversa dalla comune compravendita proprio per la sua peculiarità: l’immobile diviene di proprietà dell’acquirente solo con il pagamento dell’ultima rata prevista da contratto, diversamente da quanto accade “di solito” con la comune compravendita, la quale prevede l’immediato passaggio della proprietà in capo all’acquirente a fronte del pagamento dell’intero.

Il vantaggio, per il compratore, risiede nella possibilità di ottenere l’immediato possesso dell’immobile e, successivamente, la sua proprietà senza dover ottenere alcun mutuo. Sarà infatti la parte venditrice che, in senso lato, consentirà all’acquirente il dilazionamento della cifra richiesta per l’acquisto dell’immobile, riservandosene, però, la proprietà fino al suo completo pagamento.

Il vantaggio, per il venditore, consiste invece nel trasferimento del rischio di perimento o distruzione della cosa. Infatti, in deroga al principio res perit domino secondo il quale del deperimento dell’immobile risponde il suo proprietario, l’art. 1523 c.c. dispone che l’acquirente assume i rischi (e non la proprietà) dal momento della consegna.

Tanto riassunto circa le principali caratteristiche della compravendita con riserva di proprietà, potrà essere utile l’analisi della normativa che ne discorre.

Il primo tassello da considerare, a tal fine, è rappresentato dal richiamato art. 1523 c.c. a mente del quale “  nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna”.

Pertanto, la proprietà della cosa o dell’immobile è sospesa, come si anticipava,  al pagamento dell’ultima rata del prezzo, mentre il possesso della cosa o dell’immobile viene conferito già al momento della sottoscrizione del contratto di compravendita con patto di riservato dominio o ad altro momento descritto dallo stesso contratto.

In tema di pagamento dilazionato, per le parti è possibile prevedere altresì un pagamento differito in luogo del pagamento rateale. In tal senso, il richiamo alle “rate” di cui all’art. 1523 c.c. non deve far intendere all’interprete che le stesse siano requisito fondamentale del contratto in oggetto, potendosi avere la vendita con riservato dominio anche nel caso di pagamento differito o semplicemente dilazionato (cfr. Cass.Civ. 6322/2006).

La trascrizione del contratto di compravendita con riserva di proprietà

Veniamo, adesso, ad un nodo centrale della disciplina del contratto con riserva di proprietà. L’asimmetria tra possesso-proprietà, verificatasi in conseguenza della normativa richiamata, potrebbe porre seri dubbi circa l’aggredibilità del bene oggetto di vendita da parte dei creditori del venditore o dell’acquirente.

In merito dispone l’art. 1524 c.c. il quale rinvia all’ordinaria normativa sulle trascrizioni.
La trascrizione del contratto di compravendita con patto di riservato dominio ha un ruolo chiave quando si discorre della vendita di un bene immobile.

All’apparenza infatti il bene risulta di proprietà del compratore, mentre dai pubblici registri emerge che lo stesso appartiene (ancora) al venditore.

Ebbene, per essere la compravendita in oggetto opponibile ai terzi essa andrà trascritta con espressa previsione del patto di riservato dominio. Nel senso che, nella nota di trascrizione, andrà specificata la natura della vendita, nella specie sottoposta a condizione,  proprio al fine di rendere nota a terzi la riserva di proprietà ed evitare che gli stessi facciano affidamento sulla piena proprietà dell’immobile in capo al compratore.

L’inadempimento del compratore

Art. 1525 c.c. “Nonostante patto contrario, il mancato pagamento di una sola rata, che non superi l’ottava parte del prezzo, non dà luogo alla risoluzione del contratto e il compratore conserva il beneficio del termine relativamente alle rate successive

L’art. 1525 disciplina l’inadempimento del compratore stabilendo in suo favore che solo il mancato pagamento di una rata(o delle rate) che superi l’ottava parte del prezzo può produrre la risoluzione del contratto, prevendo che nessun diverso patto può derogare tale precetto( “nonostante patto contrario”).

Così facendo l’art. 1525 vincola, a priori, la valutazione della “non scarsa importanza” di cui all’art. 1455 c.c.

L’art. 1455 c.c. stabilisce, infatti, che nei contratti a prestazioni corrispettive e di durata l’inadempimento delle parti non può portare alla risoluzione del contratto salvo che l’inadempimento non sia di scarsa importanza.

Or bene, a differenza dell’art. 1455 c.c. che pone una regola generale e di principio, l’art. 1525 c.c. quantifica la non scarsa importanza.

L’art. 1525 c.c. fissa, difatti, nella misura dell’1/8 il livello minimo richiesto per ottenere la risoluzione del contratto.

Qualora il compratore inadempia, non eccedendo l’ottavo del prezzo totale stabilito, quindi per esempio, accumulando mancati pagamenti per un totale di 8 mila euro su 80 mila (l’ottava parte equivarrebbe, invece a 10.000 euro) conserverà “ il beneficio del termine relativamente alle rate successive” e, pertanto, non potrà aversi risoluzione del contratto.

Qualora il compratore, invece, dovesse non pagare le rate pattuite per una cifra che superi l’ottava parte del prezzo, si produrrebbe, in presenza di una clausola risolutiva espressa, la risoluzione del contratto in oggetto o, comunque, in assenza di una tale previsione, il concedente potrebbe chiedere la risoluzione del contratto di compravendita davanti al giudice.

Venendo agli effetti della risoluzione del contratto in commento, preliminare risulta la lettura dell’art. 1526 c.c., secondo il quale  “Se la risoluzione del contratto ha luogo per l’inadempimento del compratore, il venditore deve restituire le rate riscosse, salvo il diritto a un equo compenso per l’uso della cosa, oltre al risarcimento del danno. Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta. La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti”.

Dalla lettura dell’art. 1526 c.c. se ne ricava che la risoluzione del contratto di compravendita  conduce a diverse conseguenze.

 In primo luogo, è evidente che l’immobile concesso, a contratto risolto, debba torna nel possesso del concedente/proprietario.

In secondo luogo, il concedente/venditore dovrà restituire al compratore le rate pagate detratte dall’equo compenso dovuto per il godimento del bene, oltre il risarcimento del danno (se dovuto).

Una peculiare ipotesi si verifica quando, da contratto, viene stabilito che le rate versate dal compratore verranno trattenute dal concedente nel caso di inadempimento dell’acquirente. In tal caso, il concedente avrà il diritto di trattenere le rate pagate dal compratore a titolo di indennità.

Ebbene, mentre nel primo caso, quindi nel caso in cui le parti nulla abbiano disposto in merito, il concedente dovrà restituire al compratore le rate riscosse negli anni detratte unicamente da un compenso dovuto per il godimento del bene, nel secondo il concedente tratterà tutte le rate pagate dal compratore.

Quest’ultima ipotesi, chiaramente molto gravosa per l’acquirente, il quale (a distanza, magari, di molti anni) potrebbe perdere tutto quello che ha versato, viene mitigata dalla previsione per cui  “Qualora si sia convenuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo d’indennità, il giudice, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta”.

Si pensi a quelle situazioni in cui, magari quasi al termine del pagamento pattuito, il compratore diventi moroso nella misura maggiore ad 1/8, circostanza che legittima il concedente dal richiedere la risoluzione del contratto.

Il giudice, pertanto, potrà ridurre l’indennità convenuta alla luce del rapporto trascorso tra le parti e, evidentemente, di quanto già versato dal compratore.

Del resto, la previsione dell’intervento del giudice nella mitigazione degli effetti risolutivi del rapporto è sinonimo della posizione di debolezza che il compratore “soffre” talvolta nei confronti del suo concedente.

Avv. Vito Calcagno

(collaboratore dello Studio d’Ambrosio Borselli per la sede di Napoli)

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