La “Caparra Confirmatoria”. Una forma di garanzia atipica per canoni di locazione non versati

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Oggi pubblichiamo questo bell’articolo liberamente ispirato al nostro Articolo Affitto oltre la fideiussione: le forme di garanzia atipiche e di approfondimento allo stesso.

 

Nel panorama legislativo italiano esistono diversi istituti di garanzia: oltre la fideiussione contrattuale e quella bancaria esistono molti prodotti assicurativi.

Il punto dolente di queste polizze fideiussorie (assicurative o bancarie) è, oltre al costo, la richiesta da parte del fideiussore di una certa solvibilità del conduttore (in molti casi ad esempio deve essere dimostrato un reddito pari al doppio del canone).

Altro strumento di garanzia, meno utilizzato, perché poco conosciuto e molto più sofisticato, ma estremamente utile ed efficace è la caparra confirmatoria.

La caparra confirmatoria, solitamente utilizzata nei contratti di compravendita immobiliare, è invece poco utilizzata nelle locazioni.

Essa consiste in una somma di denaro o in una quantità di cose fungibili che, al momento della stipula, una parte consegna all’altra, a testimonianza della serietà dell’accordo. Occorre però una formulazione espressa perché la dazione di una somma di denaro o di una quantità di altre cose fungibili valga quale caparra confirmatoria, configurando, altrimenti, un semplice acconto della prestazione (si veda: Cass. civ., n. 3833/1977).

Caratteristica fondamentale della caparra è la consegna materiale di quanto ne sia l’oggetto: in altri termini occorre la traditio in quanto, tale “patto”, ha natura reale (Cass. Civ. 2870/78; cfr. tuttavia Cass. Civ., 17127/11 che ha ritenuto non incompatibile, con la qualifica di caparra, la dazione di assegno bancario).

La caparra confirmatoria è disciplinata nel codice civile all’art. 1385 e va restituita alla parte che l’aveva prestata se il contratto è stato correttamente adempiuto. Nel caso di inadempimento dell’obbligazione contrattuale, la disposizione codicistica distingue, in base al soggetto che si rende inadempiente, due ipotesi: se l’inadempimento è imputabile alla parte che ha versato la caparra, l’altra può decidere di recedere dal contratto e di trattenere la caparra versata; se, invece, l’inadempimento è imputabile alla parte che ha ricevuto la caparra, l’altra parte ha sempre la facoltà di recedere dal contratto e di richiedere il doppio della caparra versata.

In caso di inadempimento del conduttore il proprietario può anche decidere di non esercitare il recesso, preferendo (in considerazione dell’ammontare della caparra incamerata), piuttosto, chiedere l’esecuzione del contratto, oppure la sua definitiva risoluzione, salvo, in ogni caso, il risarcimento del danno secondo le regole generali e ai sensi dell’art. 1385, comma 3, c.c. (in tal senso, ex plurimis, Cass. civ., n. 18850/2004; Cass. civ., n. 1301/2003). In questo caso il locatore «non può incamerare la caparra», essendogli consentito «trattenerla a garanzia della pretesa risarcitoria» (Cass. civ., n. 849/2002), ovvero « in acconto su quanto spettantegli a titolo di anticipo dei danni che saranno in seguito accertati e liquidati» (Cass. civ., n. 9091/2004 e Cass. civ., n. 11356/2006), scontando, pur sempre, il rischio che il danno effettivo sia di entità superiore.

La caparra confirmatoria è chiamata sostanzialmente ad assolvere tre funzioni: garanzia, autotutela e predeterminazione del danno.

Conformemente si è espressa anche la giurisprudenza più recente: la caparra confirmatoria è volta «a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte, sotto tale profilo avvicinandosi alla cauzione» (Cass. civ., n. 4411/2004); essa inoltre «ha funzione di autotutela, consentendo di recedere dal contratto senza la necessità di adire il giudice (salvo che l’intervento di questi possa essere necessario per liberare l’immobile)»; infine la Cassazione ha osservato di recente che la caparra «ha funzione di preventiva liquidazione del danno derivante dal recesso cui la parte è stata costretta a causa dell’inadempimento della controparte» (Cass. civ., n. 11356/2006).

La caparra confirmatoria si distingue dal deposito cauzionale in quanto quest’ultimo ha funzione di garanzia in caso di obbligo al risarcimento. La funzione è quella propria della garanzia, consentendo al creditore di soddisfarsi sulla somma o sul valore delle cose, ove il cauzionante abbia cagionato un danno e per l’ammontare del danno stesso (es. serramento danneggiato).

La caparra confirmatoria, invece, come affermato da giurisprudenza costante, ha funzione di liquidazione convenzionale del danno da inadempimento, come appunto ad esempio il mancato pagamento dei canoni di locazione.

La caparra confirmatoria si distingue, inoltre, sia rispetto alla caparra penitenziale, che alla clausola penale.

Diversamente dalla caparra penitenziale, la caparra confirmatoria non costituisce un «corrispettivo del recesso», bensì, come detto, una «cautela per il risarcimento dei danni in caso di inadempimento»; dalla clausola penale si distingue per il fatto che non pone un limite al danno risarcibile, potendo la parte non inadempiente recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere (Cass. civ., n. 2435/1988) e trattenere la caparra ricevuta (ovvero esigere il doppio di quella prestata) a totale soddisfacimento del danno derivante dal recesso, senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo.

Inoltre la giurisprudenza di Cassazione è univoca nel sostenere l’assenza di presunta vessatorietà di una clausola contenente le disposizioni sulla caparra: le caparre, clausole penali e similari, con le quali le parti abbiano determinato in via convenzionale anticipata la misura del ristoro economico dovuto da una parte all’altra in caso di recesso o inadempimento, non rientrano tra quelle previste dall’art. 1341 c.c., per le quali è richiesta la specifica approvazione. Il “patto di caparra” non richiede dunque la consacrazione in forme particolari, purché l’accordo sia esteriorizzato (Cass. civ., n. 1168/2004).

La caparra confirmatoria costituisce quindi in concreto una «cautela per il risarcimento dei danni in caso di inadempimento»; ma, a sua ulteriore cautela, non pone un limite al danno risarcibile, potendo la parte adempiente recedere senza dover proporre domanda giudiziale o intimare la diffida ad adempiere e trattenere la caparra ricevuta a totale soddisfacimento del danno derivante dall’inadempimento, senza dover dimostrare di aver subito un danno effettivo.

In conclusione una cospicua caparra (6, 9 o 12 mesi) non essendoci il limite legale delle tre mensilità visto per la cauzione, può costituire certamente un forte disincentivo per il conduttore dal divenire moroso. Si tenga inoltre presente che la caparra può essere prevista anche per il solo semplice ritardo nell’inadempimento.

 

Fonte Associazione sindacale piccoli proprietari  immobiliari di Ravenna

Si ringrazia l’avv. Silvia Maroni per l’autorevolezza attribuitaci quale fonte di ispirazione

 

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