Il procedimento per convalida di sfratto ha natura sommaria ed è disciplinato agli artt. 657 e ss del c.p.c..
È attivabile dal locatore in diverse ipotesi, tra cui rientra quella in cui il conduttore sia moroso nel pagamento di alcuni canoni.
In tal caso il locatore potrà notificare un atto di citazione al conduttore, che avrà da tale data 20 gg per difendersi in giudizio.
Da qui sono prospettabili diversi possibili scenari.
- Il conduttore non si difende in giudizio
Ove il conduttore non compaia in giudizio il giudice, previa verifica della regolarità del processo di notifica, convaliderà lo sfratto.
Emerge qui la sommarietà del procedimento, che parifica l’assenza del conduttore ad un’ammissione della fondatezza della pretesa altrui.
- Il conduttore compare in giudizio contestando solo in parte l’ammontare dei canoni
Va distinto a seconda se il conduttore contesti in giudizio l’intero credito vantato dal locatore oppure solo una parte.
In quest’ultimo caso, l’art. 666 del c.p.c. prescrive che il giudice potrà disporre, con ordinanza, che il conduttore entro un termine non superiore a venti giorni versi al locatore la somma non controversa.
Se decorso tale termine il conduttore non avrà ancora ottemperato, il giudice convaliderà l’intimazione di sfratto e pronuncerà decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni.
- Il conduttore compare e contesta la pretesa del locatore con prova scritta
Diverso è se invece il conduttore, costituendosi in giudizio, contesti in toto ogni pretesa sollevata dal locatore.
In tale ipotesi il giudice dovrà necessariamente scendere nel merito della questione al fine di accertare la fondatezza di quanto affermato dalle parti.
È utile distinguere a seconda se l’opposizione del convenuto si basi o meno su prova scritta.
Prova scritta che solitamente è costituita dall’esibizione di quietanze che attestino l’avvenuto pagamento per i canoni contestati.
Ma prova scritta che potrà anche basarsi ad esempio sulla prova dell’esistenza di un pregresso credito del conduttore verso il locatore, saldato proprio attraverso la concessione dell’immobile in locazione.
Le ipotesi possono essere molteplici, ciò che conta è che il documento scritto richiamato sia idoneo a giustificare la legittimità di quanto opposto dal conduttore nei confronti del diritto vantato dal locatore.
Ad ogni modo, nel caso l’opposizione si fondi su prova scritta, ai sensi dell’art. 667 c.p.c. il giudice dovrà disporre una conversione del rito, che da sommario diventerà a cognizione piena.
Più nello specifico, l’autorità giudiziaria ordinerà il mutamento del rito sommario nelle forme di quello del lavoro ai sensi dell’art. 426 c.p.c.
Fisserà quindi con ordinanza un’udienza di discussione della causa ai sensi dell’art. 420 c.pc., e disporrà un termine perentorio entro il quale le parti dovranno provvedere all’eventuale integrazione degli atti introduttivi, mediante deposito di memorie e documenti in cancelleria.
In virtù della riforma, attuata con d.l. 69/2013, convertito con modificazioni in l. 98/2013, è stata reintrodotta, per le cause di locazione che proseguono a seguito del mutamento del rito – l’obbligatorietà del procedimento di mediazione, sanzionata con l’improcedibilità del giudizio.
Il giudice deve assegnare alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della relativa domanda al competente organismo.
Va infine ricordato che la scelta del legislatore di convertire il rito sommario, facendolo confluire nel rito del lavoro, si iscrive in un’ottica di semplificazione in quanto trattasi di rito connotato da minori formalismi rispetto a quello ordinario (minori fasi e minori oneri di forma in capo alle parti).
Basti pensare che un processo secondo questo rito ha una durata media all’incirca di soli un anno e mezzo.
- Il conduttore compare e si oppone, ma non sulla base di una prova scritta
Altro scenario immaginabile è quello in cui il conduttore compare, si oppone, ma non fondando la sua difesa sulla base di una prova scritta.
In questo caso il giudice, ove non ricorrano gravi contrari motivi, può su istanza del locatore emettere un’ordinanza immediata di rilascio con riserva delle eccezioni del convenuto.
Trattasi di ipotesi di “condanna con riserva delle eccezioni”: il legislatore consente al giudice di disporre subito il rilascio, e fa proseguire poi il giudizio al solo scopo di far esaminare in futuro le eccezioni del convenuto.
Caso classico: il conduttore sostiene di aver adempiuto a tutti i canoni di locazione, ma di poterlo provare non per iscritto (perché ad esempio versati nelle mani del locatore in base ad un rapporto di amicizia, senza quietanza), ma sulla base di prova testimoniale. Il giudice ordinerà qui subito il rilascio, per poi successivamente ascoltare i testimoni in altra data.
Rispetto alla precedente ipotesi quindi il giudice non si limiterà a disporre la conversione del procedimento da sommario a cognitivo nelle forme del rito del lavoro, seguendo tutto l’iter succitato (fissazione di una nuova udienza ecc…).
Ma, ai sensi dell’art. 665 c.p.c., emanerà, insieme alla conversione, un’ordinanza in cui ordinerà al conduttore di rilasciare l’immobile.
L’ordinanza è immediatamente esecutiva, ma può essere subordinata alla prestazione di una cauzione per i danni e le spese.
È importante porre l’accento su di un aspetto, ovvero sul fatto che l’art. 665 c.p.c. co.1 consenta al giudice come anticipato di pronunciare questa ordinanza solo “a patto che non sussistano gravi motivi in contrario”.
In molti sostengono che la sola assenza di gravi motivi in contrario non sia sufficiente per accordare la concessione di tale ordinanza.
Il rischio è che si dia origine ad automatiche concessioni dell’ordinanza di rilascio ove semplicemente manchino la prova scritta e gravi motivi in contrario.
Bisogna difatti tener presente che, interpretando la norma in questi termini, si corre il pericolo di ledere significativamente il diritto di difesa del convenuto, specie tenuto conto che trattasi di ordinanza idonea a produrre effetti significativi nella sfera giuridica del conduttore.
Basti pensare all’enorme disagio legato alla necessità di dover trovare un nuovo appartamento, nonostante poi all’esito del successivo giudizio di merito il conduttore potrebbe vedere riconosciute le proprie ragioni.
Motivo per cui parte della dottrina suggerisce che la concessione del rilascio sia subordinata ad una valutazione da parte del giudice della fondatezza della domanda e della infondatezza delle eccezioni di parte convenuta.
- Come opporsi all’ordinanza provvisoria di rilascio non impugnabile
Il co.1 dell’art. 665 c.p.c. inoltre prevede che questa ordinanza con cui il giudice dispone provvisoriamente l’immediato rilascio non sia impugnabile.
Secondo opinione maggioritaria anche tale passaggio della norma va criticato, proprio per le stesse ragioni di tutela del diritto di difesa del convenuto alla luce degli enormi danni che potrebbe subire in futuro.
Ci si è domandati allora se sia possibile tutelare il conduttore in modo alternativo.
Qualcuno ha suggerito di intervenire sulla qualificazione giuridica dell’ordinanza, parificandola (sulla base del principio della della prevalenza della sostanza sulla forma) ad una sentenza non definitiva, consentendo quindi di poterla appellare.
Altri la considerano un provvedimento sommario semplificato-esecutivo, avente efficacia esecutiva, ma non idoneo a disciplinare in modo stabile il rapporto controverso.
Altri ancora hanno suggerito o di applicare in via analogica l’opposizione tardiva prevista nel decreto ingiuntivo in caso di assenza in giudizio; o di consentire il ricorso straordinario in Cassazione ai sensi dell’art. 111 settimo comma Cost., in quanto nel caso di specie trattasi di provvedimento di natura decisoria non altrimenti impugnabile.
Infine, vi è chi richiama il rimedio della revocazione ex art 395 c.p.c., sulla scia di alcune pronunce della Corte Costituzionale che, attorno agli anni 90, avevano esteso il ricorso a tale strumento in specifiche ipotesi del procedimento per convalida di sfratto (dolo di una delle parti ed errore di fatto).
A parere di chi scrive, nella pratica l’unico strumento che potrebbe rivelarsi utile ed efficace (per la sua celerità) è l’eventuale appello, con richiesta di sospendere l’esecutività dell’ordinanza di rilascio (le altre possibili procedure richiederebbero tutte con ogni probabilità tempi più lunghi dello stesso giudizio locatizio all’esito del quale l’ordinanza verrebbe comunque sostituita da una sentenza che confermi o meno la necessità di rilasciare l’immobile).
- Opposizione proposta successivamente alla convalida
Va infine ricordato che il Codice di Procedura Civile contempla anche l’ipotesi in cui il conduttore si opponga, ma dopo la pronuncia del giudice di convalida dello sfratto.
In tal caso l’art. 668 c.p.c. prevede che, se l’intimazione di sfratto è stata convalidata in assenza dell’intimato, e se questi prova di non averne avuta tempestiva conoscenza per irregolarità della notificazione o per caso fortuito o per forza maggiore, potrà parimenti fare opposizione.
La legge però prevede un limite temporale per agire in capo al conduttore, ovvero un termine di 10 giorni dall’inizio dell’esecuzione.
L’opposizione seguirà le medesime forme prescritte per l’opposizione al decreto ingiuntivo ove compatibili.
Essa non sospenderà il processo esecutivo, ma il giudice, con ordinanza non impugnabile potrà ugualmente disporne la sospensione al ricorrere di gravi motivi, fissando una cauzione in capo all’opponente.
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Sul decreto ingiuntivo relativo ai canoni di locazione si legga “Decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo per i canoni di locazione“
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