In occasione del nostro primo sfratto (ancora una volta primi in Italia) ottenuto rispetto a un contratto registrato all’Agenzia delle Entrate ex art. 3 commi 8 e 9 dlgs 23/2011, a soli 12 giorni dal 28 maggio data di entrata in vigore dell’art 5 comma 1-ter della L.80/14 che testualmente recita: “Sono fatti salvi, fino alla data del 31.12.2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’art. 3 commi 8 e 9 del d.lgs 23/2011” pubblichiamo quest’articolo per fornire delucidazioni sulla questione a tutti gli operatori del diritto che si troveranno ad interpretare la nuova norma rispetto alla Sentenza 50/2014 della Corte Costituzionale, e per chiarire le idee su come stanno effettivamente le cose a proprietari ed inquilini nel panico dopo la sentenza 50 ( gli inquilini) e dopo l’ultimo intervento normativo (la l. 80/14 i proprietari), che non sanno più cosa realmente conviene fare per tutelarsi al meglio nelle proprie rispettive posizioni (intanto ricordiamo che avevamo ampiamente previsto questo nuovo intervento legislativo, come può leggersi QUI, mettendo in guardia i nostri lettori e tutelando i nostri assistiti) .
Intanto, speriamo di fare cosa gradita e di chiarire le idee un po’ a tutti, se le nostre interpretazioni saranno seguite da avvocati ed accolte dai magistrati, finendo col fare giurisprudenza potrà dirlo solo il tempo…
Andiamo per ordine:
Si possono prevedere in linea di massima 4 ipotesi principali in qui si trova la stragrande maggioranza di proprietari (o inquilini) che hanno visto registrare, o registrato un contratto all’Agenzia delle Entrate, ex art. 3 commi 8 e 9 dlgs 23/2011
Andiamo a ragionare su queste quattro ipotesi più comuni e vediamo cosa fare per liberare l’Immobile (in altro articolo ci occuperemo del punto di vista del conduttore e delle soluzioni che ha costui, (anche in funzione della strategia processuale scelta dal proprietario)
Il contratto non registrato include due ipotesi possibili
- contratto non registrato ma redatto per iscritto
- contratto non registrato solo verbale
- Il cosiddetto doppio contratto (ossia il contratto registrato aveva un canone minore di quello effettivamente pagato)
- ed infine il caso del comodato che nascondeva un’ipotesi di locazione in nero
Questi le ipotesi principali vediamo, adesso il dettato del recentissimo art. 5 comma 1-ter della L.80/14 che testualmente recita:
“Sono fatti salvi, fino alla data del 31.12.2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’art. 3 commi 8 e 9 del d.lgs 23/2011”.
E vediamo soprattutto quali interpretazioni di questa norma siano possibili nel rispetto della Costituzione e della stessa sentenza n. 50 della Corte che ha dichiarato illegittimo l’art. 3 commi 8 e 9 dlgs 23/2011 (per eccesso di delega, ma anche e soprattutto per aver violato lo statuto del contribuente ricordiamo ai nostri lettori)
Quali effetti e quali rapporti possono esser dunque fatti salvi dalla nuova norma senza violare il dettato della Costituzione e il giudicato costituzionale formatosi a seguito della sent. 50 citata?
A) In merito ai rapporti si pone a nostro avviso il problema del caso 2 e quello del 4 quando il comodato fosse solo verbale, infatti in tali casi la locazione non esisteva (sappiamo che ci vuole un contratto scritto a pena di nullità) e quindi i rapporti sono sorti effettivamente a seguito della denuncia all’Ade, l’unico modo per evitare l’occupazione abusiva era quello di salvare il rapporto giuridico sorto (almeno fino al 31-12-15)…altrimenti il rischio era di veder in mezzo a una strada tanti inquilini fidatisi del loro legislatore…è una forzatura ma ci può stare…
Altri rapporti giuridici ad una corretta interpretazione costituzionalmente orientata non sono sorti, visto che nei casi 1-3 e in parte 4 (se il comodato era scritto si trattava solo di simulazione, ma in presenza della forma il rapporto giuridico tra le parti era già esistente) i rapporti sono sorti solo ed esclusivamente in base al nostro diritto civile a seguito dei contratti (scritti e quindi civilisticamente regolari a tutti gli effetti) che li hanno generati e non certo in base a una norma che al massimo poteva novare (non far sorgere ma novare attenzione) un rapporto esistente modificandolo in uno nuovo con la stessa causa (nel caso del comodato la novazione era più ampia in quanto si novava anche la causa contrattuale diventando da comodato locazione, cosa impossibile per qualunque altro tipo contrattuale in cui la novazione causale non era stata prevista dall’art. 3 citato) e lo stesso oggetto ma con differenti canoni e durata, ma dichiarata incostituzionale la norma che aveva generato questa novazione sanzionatoria, il rapporto non potrà che esser sorto (e nemmeno prima della sentenza il rapporto poteva considerarsi sorto se non dal suo regolare contratto di locazione) dal suo contratto originario.
Più complesso è stabilire cosa volesse dire il legislatore con effetti prodotti:
tre ipotesi interpretative
1) la più pro conduttore, e meno rispettosa della pronuncia della Corte Costituzionale secondo la quale la norma avrebbe semplicemente, procrastinato gli effetti dell’art 3 commi 8 e 9 dlgs 23/2011 dichiarato incostituzionale: interpretazione fra le altre paventata dalla Dott.SSa Imposimato del Tribunale di Roma in un convegno sulla questione, interpretazione, va aggiunto, che come ammesso dallo stesso Magistrato renderebbe “ ineluttabile un nuovo intervento della Corte volto a sanzionare la violazione del giudicato costituzionale”. Le conseguenze di questa interpretazione potrebbero giungere al punto di consentire la formazione di nuovi contratti in base al combinato disposto dell’art 5 comma 1 ter e dell’art. 3 commi 8 e 9, contratti limitati solo nella durata al 31 dicembre 2015, che eliminerebbero il problema paventato dal magistrato della disuguaglianza tra chi ha denunciato prima e chi dopo la sentenza 50 del 10 marzo 2014, certo una interpretazione di questo tipo si porrebbe ai limiti del conflitto di attribuzione dei poteri e avrebbe conseguenze totalmente nefaste per tutto il sistema nel suo complesso
2) una interpretazione che potremmo definire intermedia per la quale sono salvi, fino a fine 2015, gli effetti di tutti i contratti nati ex art. 3 (anche quelli che nascevano da contratti scritti precedenti, che sarebbero quindi stati novati da un contratto nato da una fonte mai esistita, in quanto incostituzionale), come possa un contratto esistente subire una novazione da una norma che non è mai esistita nel nostro ordinamento (a prescindere dalla nuova norma che si limita a far salvi gli effetti e i rapporti sorti, ma in questo caso abbiamo visto che non può essere sorto nessun rapporto) sarebbe piuttosto complicato da trarre in via interpretativa, ma staremo a vedere se qualche giudice riterrà (in attesa di un nuovo verdetto della corte se la norma verrà interpretata in tal senso) di adottare tale interpretazione
3) una interpretazione più rispettosa del dettato della Costituzione e della pronuncia della Corte n. 50 secondo la quale sarebbero fatti salvi gli effetti dei soli contratti nati da contratti verbali i cui rapporti sono effettivamente sorti grazie all’art. 3 commi 8 e 9 dlgs 23/2011 e mantenuti in vita dal recente art. 5 comma 1 ter (ossia i casi 2 e in parte 4 della premessa), questa sarebbe un’interpretazione rispetto alle precedenti più razionale, un po’ più rispettosa del dettato della sentenza 50 della corte e meno punitiva per chi, avendo redatto un contratto scritto, almeno dal punto di vista civile ha fatto le cose in regola (sul piano tributario no, ma una violazione tributaria non può, come ribadito più volte dalla corte, anche nella sentenza 50, incidere sul piano civile, mentre chi non avesse rispettato le norme civilistiche sul contratto scritto potrebbe pagare le conseguenze civili di un sorta di una sorta di esecuzione in forma specifica, ottenuta tramite l’art. 3 commi 8 e 9 dlgs 23/2011), e quindi vedrebbe pienamente rivivere il proprio contratto originario pagando le sole conseguenze sanzionatorie previste per la mancata registrazione
Altro problema interpretativo quello relativo alla data del 31.12.2015, su cui abbiam letto alcuni commenti…noi la vediamo così:
A) per quanto riguarda i rapporti giuridici sorti adottando la nostra interpretazione, nulla quaestio, tali contratti, che per il codice civile sarebbero nulli (mancando la forma scritta richiesta ad substantiam), in forza dell’art 5 comma 1 ter della L. 80/14 esistono fino al 31.12.2015, gli altri rapporti giuridici, invece, come detto, mantengono la naturale scadenza prevista dai contratti che li hanno generati (come mantengono le loro regolari condizioni economiche), questa questione non fa altro che rafforzare la nostra interpretazione, in quanto non si vede perché i rapporti che sarebbero sorti (modificando precedenti accordi consensuali magari pluriennali) dall’art. 3 dovrebbero mai aver termine il 31 dicembre 2015 se le parti rispettano i loro accordi originari….(se l’inquilino si adegua al vecchio accordo e ne rispetta tutte le clausole non si capisce perché dovrebbe perdere la casa a fine 2015, come avverrebbe accedendo a quell’interpretazione prevista ai punti 1 e 2)
B) per quanto riguarda gli effetti, la situazione è più complicata, o al contrario semplicissima, mi spiego, intanto non condividiamo l’interpretazione che vede il legislatore aver scelto di prorogare gli effetti ma solo in via del tutto temporanea (il cd pactum di non petendo, ossia il diritto a chiedere i canoni permane ma non è esercitatile prima di un termine previsto nel 1 gennaio 2016), se il legislatore avesse voluto dire ciò che alcuni gli mettono in bocca avrebbe chiaramente scritto sono temporaneamente sospesi gli effetti (e non i rapporti) …chiarendo che si trattava di una sospensione temporanea dei soli EFFETTI, rimanendo inalterato il diritto.
Ma tutto il discorso lascia il tempo che trova laddove si pensa che non è certo il legislatore ad aver previsto una norma che ha solo un effetto di sospendere l’esigibilità temporanea di un diritto, ma tutto dipende dalla Corte Costituzionale che laddove decida di annulla la norma interpretata in senso incostituzionale (proroga pura e semplice degli effetti di una norma già dichiarata incostituzionale, come viene interpretata semplicisticamente da alcuni) allora nulla quaestio, ovviamente anche questa norma finirà con lo scomparire e di conseguenza anche i canoni non pagati fino al 31.12.15 diventeranno esigibili, e ciò non certo per la volontà odierna del legislatore, ma per effetto della sentenza della corte appunto, ma se invece alla luce di una più corretta interpretazione da parte dei giudicanti, la norma risulta non essere incostituzionale (secondo l’interpretazione data sopra appunto) allora la Corte potrebbe limitarsi a chiarire definitivamente la cosa per evitare interpretazioni difformi da parte dei singoli tribunali e fornire attraverso una cd sentenza interpretativa (di rigetto come avviene quando la Corte afferma che la questione può essere ritenuta infondata a condizione che della disposizione oggetto
del dubbio di costituzionalità sia data l’interpretazione individuata dalla Corte, ossia quella da noi prospettata, o addirittura di accoglimento come spesso avveniva soprattutto nel primo decennio di attività della Corte come
reazione alla inosservanza da parte dei giudici e soprattutto della Cassazione delle decisioni interpretative di rigetto) una interpretazione appunto costituzionalmente orientata così come abbiamo prospettato sopra, con la conseguenza che mentre gli inquilini nei casi 2 e in parte 4 devono sapere di poter stare nelle condizioni attuali fino al 31.12.15 senza dover poi pagare altro al contrario i proprietari degli immobili di cui ai casi 1 e 3 devono agire immediatamente per ottenere il rispetto delle condizioni contrattuali originarie, ovvero l’immediato sfratto per morosità…
Resta da chiarire a questo punto perché la norma prevista dell’art. 5 comma 1 ter non è stata scritta in modo chiaro, ma volutamente ambiguo?
A parere di chi scrive si è fatta una scelta (anzi una non-scelta) elettorale, lasciando credere a ognuno ciò che voleva credere al momento elettorale e lasciando ampio spazio alla magistratura e alla stessa Corte per delle sentenze orientate in senso del rispetto della Costituzione, del precedente giudicato costituzionale e dello stesso statuto del contribuente che abbiamo già avuto modo in passato di osservare come la corte abbia posto come elemento fondante della propria sentenza 50/2014 (si legga QUI) bloccando di fatto ben oltre l’eccesso di delega manovre tese a convertire in sanzioni alla sacra autonomia negoziale quelle che dovrebbero essere solo sanzioni tributarie.
Con tale scelta ambigua riteniamo il legislatore abbia ottenuto il duplice risultato di superare indenne la tornata elettorale e soprattutto di poter riversare sul potere giudiziario la conseguenza del mancato rispetto dell’affidamento su una legge dello Stato da parte dei conduttori che avevano sfruttato la norma (fermo restando che questo argomento dell’affidamento degli inquilini, un po’ abusato per giustificare un salvacondotto, può anche essere corretto, ma non ci sembra diverso dall’affidamento che fa qualunque categoria o individuo che applica una legge dello stato salvo poi scoprire che il nostro legislatore legifera dimenticando i principi costituzionali e quindi capita spesso che si faccia affidamento in qualcosa che poi sparisce dall’ordinamento per intervento della Corte, non diversamente da quanto avvenuto in questo caso)..più chiaro di così…
Vediamo in concreto alcuni esempi pratici (per dar modo a chi ci legge, proprietari, inquilini, avvocati e magistrati, di aver un quadro più chiaro in alcune delle principali ipotesi che possono trovarsi in concreto di fronte) rispetto ai molteplici casi che si possono verificare
1) chi fosse nelle ipotesi 1 e 3 dovrà chiaramente spingere per l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma che abbiamo fornito, piuttosto che chiedere la rimessione degli atti alla corte e aspettare tempi biblici
2) chi fosse nei casi 2 e 4, dovrà fare chiaramente una scelta diversa, se si tratterà del proprietario ovviamente, chiedere la rimessione degli atti alla corte è certamente una soluzione, ma le situazioni avranno da essere affrontate in concreto, ci sono ad esempio capitati diversi casi di vere e proprie truffe, dove il conduttore rifiutava di firmare il contratto con varie scuse e nel giro di pochissimi mesi (si consideri che la denuncia poteva esser fatta dal 31simo giorno, e alcuni proprio allora l’hanno fatta, avendo preordinato il tutto a tavolino) andava a registrare all’Ade, in tali casi, l’elemento discriminante del breve tempo tra l’accesso all’immobile e la denuncia è già di per se elemento idoneo a costituire fondatissimo indizio dell’illecito scopo di conduttori che quindi non andrebbero in alcun modo tutelati, perché non si tratta di conduttori in buona fede che dopo aver pagato per anni in nero hanno scelto la via indicata dal legislatore di denunciare per far emergere il nero, ma solo di approfittatori che hanno usato la norma ben al di là del suo scopo (far emergere il nero) ma solo nella sua parte incostituzionale (creare di imperio un nuovo contratto, violando lo statuto del contribuente, a condizioni vantaggiose per se stessi e non per la collettività che guadagna maggiori tasse), essendo tutto ciò noto anche ai giudici, gli stessi sono giustamente più propensi a trovare soluzioni che non penalizzino il proprietario raggirato e lo stato a favore dei raggiratori, ed allora cosa fare per evitare che il rapporto giuridico sorga in base alla truffa e quindi alla denuncia? Le vie possono essere diverse, una di queste è autodenunciarsi all’Ade, la quale proprio come registrava sul consenso di una sola parte ex art. 3, di fronte ad una intimazione argomentata e depositata contenente il contratto scritto che si voleva concludere, ma che il conduttore ha sempre, con varie scuse, rifiutato di firmare, potrà essere costretta a registrare il contratto (o quantomeno la denuncia) che a quel punto stante la inesistenza giuridica della denuncia ex art. 3 potrà essere l’unica fonte del rapporto giuridico tra le parti, e se come tale sarà condivisa dallo stesso giudice, che in passato applicava i contratti unilaterali ex art. 3, oggi ben più facilmente potrà ritenere di applicare dei contratti che, oltre a non essere inficiati da illegittimità costituzionale, sono in realtà ben più che unilaterali, infatti delle due una, o la volontà dell’inquilino esisteva al momento dell’accordo ed è mancata solo la mera sottoscrizione su un’unione di volontà formatasi correttamente ( e quindi il contratto originario deve essere considerato la fonte del rapporto, e l’inquilino moroso dovrà sopportare lo sfratto per morosità se non paga il canone per intero), oppure non esisteva nessuna volontà dell’inquilino che voleva solo agire per truffare il proprietario, ma nel caso in cui il giudice si formi una tale convinzione non potrà che rimettere gli atti nelle mani della Procura della Repubblica che dovrà giudicare il comportamento penalmente rilevante, mentre a quel punto al proprietario sarà utile ed opportuno agire con l’azione di manutenzione del possesso ex art 1170 cc. e 703 e 669 e ss. Cpc, procedimenti sommari rapidi per riottenere l’immobile di cui si è stati spogliati anche con frode.
Altre soluzioni utili e possibili nei casi concreti ce ne sono, come ad esempio poter utilizzare lo strumento dell’A.T.P. per valutare il canone e chiedere un provvedimento cautelare in sostituzione del contratto mai formatosi ad un giudice, per poter avere in breve tempo una fonte non incostituzionale del rapporto, che se non venisse rispettata potrebbe dar luogo allo sfratto per morosità, in via del tutto subordinata scegliere la via di chiedere la rimessione degli atti alla Corte o la procedura ordinaria per occupazione abusiva, che porteranno certamente a risultati, ma con tempi lunghi o lunghissimi e costi considerevoli.
Il tutto va visto nell’ottica di proprietario ed inquilino anche rispetto alla solvibilità di quest’ultimo, mentre infatti un inquilino insolvibile potrebbe aver interesse a restare il più a lungo nell’immobile pagando il minimo indispensabile, al contrario un inquilino solvibile deve sapere i rischi che corre rimanendo in una situazione sostanzialmente irregolare, e di contro il proprietario deve scegliere le propri strategie processuali anche sulla base della solvibilità del proprio ospite, infatti può essere accettata anche una causa lunga anni se si ha la certezza di avere indietro con gli interessi ogni euro alla fine, mentre si deve puntare sulle soluzioni più rapide per liberare l’immobile laddove non si sia certi di recuperare quei soldi persi, e di ciò va tenuto conto anche laddove si facciano scelte transattive tra le parti, in una transazione infatti c’è sempre un soggetto forte che detta le regole ed uno debole che deve subirle, ed il soggetto forte o debole lo sarà sulla base delle considerazioni che abbiamo svolto sopra e dei parametri relativi, che pertanto ci auguriamo possano contribuire a districare la complicata questione che si è venuta a creare a seguito delle citate norme e del relativo intervento della Corte!!
Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli (per leggere gli articoli pubblicati su FOREXINFO compreso quello collegato a quest’ultimo cliccare sul nome)
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Avv. Edgardo Diomede d’Ambrosio Borselli
Iscritto “all’Albo Avvocati di Napoli”
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